ACCADEMIA DEL GUSTO
LA SPEZIA 2006

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DAL PECCATO DI GOLA ALLA GASTRONOMIA

Il nostro Presidente mi ha 'forzatamente' costretto ad un piccolo intervento questa sera su un tema gastronomico-culturale, così come riportava l'invito alla conviviale che avrete ricevuto. Mi sono interrogato subito sull'argomento di cui avrei potuto parlare durante questa bella serata.
Ho pensato di fare con voi una piccola riflessione sulla "gola". La ricerca di tale piacere segue un lunghissimo itinerario storico, in cui la gola accompagna l'uomo nella sua evoluzione culturale, rispecchiandone di volta in volta inclinazioni, aspirazioni e contraddizioni. La "gola" evolve nei secoli da uno dei sette peccati capitali sino a scienza gastronomica diventando un importante fenomeno di costume.

La parola "gola" appare nelle fonti manoscritte solo alla fine del Medioevo, in Francia verso il 1400, in Inghilterra intorno al1450, ma la sua storia è molto più antica, dato che risale agli albori del cristianesimo. Progressivamente"gola" si arricchisce di un significato positivo, che trionferà
in Francia tra il XVII e il XVIII secolo e che imporrà il francese gourmet nelle lingue europee. La buona gola passa a designare gli amanti come noi del buon cibo, dei buoni vini e della buona compagnia. Creata a partire da gaster (stomaco) e da nomos (regola) dall'avvocato francese
Joseph Berchoux (1775-1838) in un poema del 1801, la parola gastronomia designerà l'arte del mangiare bene.

Questa evoluzione semantica è determinata da un'evoluzione sociologico-culturale, da un'economia della penuria si passa ad un'economia dell'abbondanza, che comporta una ridefinizione della nozione di gola.

Ma torniamo al 'peccato di gola'. Tutto inizia probabilmente in un contesto particolare, quello della patristica dei Padri del deserto, eremiti che fondarono le prime comunità monastiche nel deserto egiziano (365 d.c). La 'gola' non doveva intralciare l'elevazione della loro anima. Sarà il monaco Giovanni Cassiano nel 420 a riprende la lista dei peccati capitali trasmettendo la ai monasteri d'Occidente. Papa Gregorio Magno nel VI secolo formulerà la dottrina dei sette vizi capitali che sarà confermata e resa obbligatoria dal Concilio Laterano IV (1215). Superbia, avarizia,
lussuria, ira, gola, invidia e accidia.

In verità i teologi medievali si occupano poco del peccato di gola in se stesso - peccato veniale - temendo di più l'ubriachezza e ciò che ne poteva derivare. Ma da quali episodi biblici si fonda il peccato di gola? Nell'AnticoTestamento Esaù cede il suo diritto di primogenitura per un piatto di lenticchie (un desiderio irragionevole di cibo); Noè e il comportamento incestuoso di Lot invitano alla condanna all'ubriachezza; il popolo d'Israele scivola nell'idolatria quando desidera un'alimentazione più gustosa della manna inviata da Dio; la morte di Giovanni Battista viene decisa in un sontuoso banchetto... oltre a ciò non dimentichiamo che nella stessa Genesi il serpente tenta Eva nel paradiso terrestre con un frutto dell'albero (che ad attenta analisi però non è un peccato di gola ma disuperbia verso Dio).

Facendo una storia della 'gola' potremmo andare ancora più indietro... addirittura nella mitologia greca. Ricordate il suppliziodi Tantalo? Il re Tantalo aveva osato rubare delle vivande agli dèi, e per questo fu condannato a patire eternamente la sete e la fame!

Nelle miniature dei manoscritti medioevali, negli affreschi e nelle decorazioni scultoree troviamo varie rappresentazioni figurate della "gola"...uomini con il ventre arrotondato, un boccale in mano, un pezzo di carne, una scrofa, cacciagione, ecc. zoomorfizzazioni mostruose. Nell'immaginario medievale l'ingordigia è un tema centrale vuoi per la carenza di cibo, le carestie frequenti, il richiamo religioso, ecc. Chi non ricorda i sette peccati capitali dipinti dal fiammingo Hieronymus Bosch (1475-1480 ca).

Leimmagini identificano precise categorie sociali più soggette al peccato di gola (e la pittura lo indica chiaramente): nobili, cortigiani, borghesi, condottieri e monaci; come quelle raffiguratedai dipinti di Taddeo di Bartolo per la Cattedrale di San Gimignano.

Ma anche un papa come Martino IV, condannato come 'goloso' da Dante ad espiare "per digiuno/ l'anguille di Bolsena e la Vernaccia" Purgatorio XXIV canto, 23-24 (vernaccia che secondo la parafrasi di Vittorio Sermonti potrebbe essere il nostro Sciacchetrà).

San Tommaso d'Aquino (1225-1274), autore della Somma Teologica non condanna il desiderio di bere e di mangiare, né i piaceri gustativi- che sono naturali, cioè voluti da Dio, e, di conseguenza, non cattivi in sé, ma biasima il "desiderio disordinato di cibo" che degrada l'uomo sul piano della bestialità. Sia Dante nella Divina Commedia che Boccaccio nel Decameron è citato l'ingordo Ciacco, frequentatore assiduo di banchetti patrizi fiorentini.

La medicina medievale non è sfavorevole al piacere della buona tavola, per esempio il cardinale inglese e medico, Giovanni da Toledo (1200ca) scrive che il piacere gustativo favorisce il benigno incentivo a nutrirsi ai malati, alle donne incinte e ai temperamenti melanconici.

La penuria di cibo, l'idea trasgressiva del 'peccato di gola' porta ad un altro fenomeno, quello dell'utopia del paese di Cuccagna, dipinto in maniera indimenticabile da Pieter Bruegel il Vecchio nel 1567. Il paese di Cuccagna propone una contro-società utopica appunto, in cui non solo regna l'uguaglianza di fatto nel piacere dato dal buon cibo e una natura esuberante e generosa che permette ai suoi abitanti di abbandonarsi all'ozio e alla gola...

Anche questa utopia riprende un tema archetipico - per usare un termine junghiano - un modello letterario e iconografico come l'El Dorado, l'Età dell'Oro, il paese di Bengodi (Boccacio), ecc. queste storie suscitano nel popolo il ricordo di quelle momentanee cuccagne, capacidi rompere la frugalità ordinaria e la monotonia del lavoro e della quotidianità, che vengono vissute in occasione dei banchetti dinozze, dell'ammazzamento del maiale o di una sagra paesana.

La Riforma del XVIII secolo farà della "gola" un tema fondamentale della sua battaglia contro le "perversioni" della Chiesa di Roma. Giovanni Calvino a proposito del clero cattolico nell'Istituzione della religione cristiana (1536) scrive "hanno il loro ventre per Dio e la cucina perreligione", mentre Lutero conia il termine di "teologastro', teologo del ventre che conoscerà grosso successo negli scritti deltempo. La figura del monaco ingordo diventa un autentico stereotipo letterario usato da protestanti e calvinisti. A meta del 1600, nella letteratura anglicana inglese, la cucina francese stravagante, elaborata e costosa, é simbolo di papismo e assolutismo!

Le autorità cattoliche della Controriforma lottano essenzialmente contro l'ingordigia che comprende l'ubriachezza, la voracità e la mancanza di contegno. Prende corpo però un ammorbidimento del"peccato di gola" e una decolpevolizzazione cattolica del piacere della gola. Si chiarisce che quando il piacere della mangiaree del bere non dà luogo a comportamenti indecenti, non provoca sregolatezze né dissolutezze, la Chiesa non vi ravvisa alcun male. Tanto che il catechismo redatto nel 1706 da Charles-Joachim Colbert, vescovo di Montpellier conferma che "l'amore per il bere e il mangiare può essere giusto e ragionevole".

Con buona pace dei francesi, la comparsa di una 'cultura della gola onesta' (per il momento chiamiamo la così), avviene in Italia, giànel XV e XVI secolo infatti si costituiscono gruppi conviviali allo scopo di celebrare il culto della buona tavola (es. Compagnia del Paiolo a Firenze). Abbiamo conferma anche di questa primazia culturale tra élites italiane e francesi con Michel de Montaigne (1533-1592) che nei suoi saggi ironizza su come gli italiani discutano seriamente in materia di buona tavola.

(Conversazione liberamente tratta dal saggio di Florent Quellier, Ed. Dedalo, 2012)

NICOLA CAROZZA

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