La panissa o panizza, è un piatto tipico della cucina ligure per il quale si usano gli stessi ingredienti della farinata di ceci, con l'esclusione però dell'olio di oliva. Viene cotta come una polentina mescolando 300 gr. di farina di ceci con 1 lt. di acqua tiepida facendo attenzione a non fare grumi, si aggiunge il sale q.b., e si fa cuocere per ca. un’ora mescolando in continuazione. Si può mangiare, come da ricetta che abbiamo depositato, come una polenta con olio, limone e pepe, oppure si fa raffreddare, si taglia a cubetti e si gusta fredda con olio e limone o ancora condita con la cipolla. La versione forse più conosciuta e consumata è però quella fritta. Dopo aver fatto raffreddare la panissa, si taglia a listarelle e si fa friggere in abbondante olio caldo dando origine alle “fette”, analoghe alle panelle palermitane (pane e panelle); si servono salate da sole o dentro un panino speciale, a forma di piccola focaccia bianca senza crosta, rotonda, e senza sale: sono le “fette con le fugassette”.
Con lo stesso nome di panissa, panizza o paniscia esistono diverse preparazioni sia in Italia che all’estero ma sono piatti completamente diversi da quello ligure come per esempio quello piemontese (tipica del Vercellese) che è praticamente un risotto con fagioli, verza e lardo, anticamente preparato con il miglio ed ora con il riso o la panicia dell'Alto Adige con stinco di maiale , verdure e orzo oppure ancora la paniscia del comasco con granoturco, burro e formaggio. In Spagna, invece, con il nome di paniza si intende una pastella preparata con la farina di ceci (in una percentuale variabile fino al 20%) insieme alla farina di frumento che viene usata per dar consistenza al tipico fritto di pesce locale.
Le varie denominazioni di panizza, paniscia, panissa derivano da “panìcum” una graminacea che, insieme al miglio, costituiva nell’antichità la base di piatti poveri ma nutrienti e che ora si stanno rivalutando soprattutto con la cucina vegana. Con il tempo panìco e miglio vennero sostituiti da granoturco, orzo, riso e ceci, più saporiti e piacevoli al palato. Da qui si capisce perché piatti così diversi mantengano lo stesso nome.
Anche la Panissa ligure è un cibo di origine povera ma nutriente.
La leggenda narra che durante la Battaglia della Meloria, che vide protagoniste Genova e Pisa nel 1284, un’imbarcazione genovese che trasportava prigionieri pisani si imbatté in una tempesta proprio nei pressi delle coste livornesi. La nave subì qualche danno e la stiva, che conteneva le scorte di cibo dell’equipaggio, imbarcò molta acqua. Tra i prodotti si trovavano grandi quantità di ceci, che si mischiarono con l’acqua salata imbarcata e con l’olio fuoriuscito da un barile rovesciatosi durante la tempesta. Si venne così a formare una poltiglia ben poco appetitosa. Passavano i giorni e le altre provviste iniziavano a scarseggiare. Quando queste furono completamente esaurite, i marinai non poterono che cibarsi di quella pappetta di ceci, acqua e olio. Successivamente il miscuglio venne esposto al sole perché si potesse seccare e divenire più appetitoso. L'esperimento riuscì perfettamente, e quella che prima era una disgustosa poltiglia diventò una croccante e succulenta pietanza. I genovesi sfruttarono questa scoperta sostituendo all'essiccamento al sole, la cottura in forno, e dandole il nome di "oro di Pisa", nome poi sostituito da "farinata".
Più tardi, come dicevamo, nasce la panissa, inizialmente chiamata “maniccia“ o nel ponente “tavelle".
In molti confondono ancora la panissa con la farinata, preparazione sempre a base di farina di ceci ma con aggiunta di olio d’oliva e cotta in forno. Una volta cotto, questo tipico piatto, può essere consumato tagliato a fette con una leggere spolverata di pepe oppure, le stesse fette, si possono servire in mezzo a una focaccia. Un tempo si potevano trovare nelle “Sciamadde”, locali storici in cui veniva cucinata e servita la farinata insieme alle tipiche torte salate liguri. Questi locali hanno origini antichissime e dopo un periodo in cui stavano scomparendo, sono ritornati di moda, grazie ai giovani che con grande passione stanno continuando questa antica tradizione. Anche questa specialità ligure si ritrova in altre parti d’Italia come la “cecina” Toscana. A Livorno, invece, questa preparazione tipica è detta torta ed è parte integrante del “Cinque & Cinque”, che prende il nome dal suo prezzo d'origine: cinque centesimi di lira (siamo negli anni trenta del Novecento) di pane (tipo francese) e cinque centesimi di lira di torta di ceci inserita nel mezzo. Questo piatto è talmente connaturato con l'identità della città che il comune di Livorno ha promosso l'itinerario del gusto "Dammi 5&5. Pane e torta".
Tutte queste preparazioni vengono oggi sbandierate come “street food” o “cibo da strada” tanto di tendenza in questo momento ma che, come tutte le cose, non ha niente di inventato: è un ritornare alle radici della cucina italiana più verace, semplice e generosa, fatta di pochi ingredienti poveri, quella che ha nutrito il popolo per secoli testimoniando una grande storia, ricca di umanità e creatività ma non si può parlare di cibo di strada senza indagarne le origini e rivalutare le tradizioni locali che l’hanno originato.
Parlando poi di panissa e farinata non possiamo fare un piccolo accenno alla materia prima: il cece. Il “Cicer Arietinum” è una pianta erbacea della famiglia delle Fabaceae, I semi di questa pianta sono appunto i ceci, legumi ampiamente usati nell’alimentazione umana e che rappresentano un’ottima fonte proteica. Il nome, ovviamente, deriva dal latino “cicer”. E, una curiosità, il cognome di Cicerone discendeva da uno zio antenato che aveva una caratteristica verruca a forma di cece sul naso. Il nome specifico “arietinum” si riferisce alla somiglianza che hanno i semi con il profilo della testa di un ariete. Le specie selvatiche del cece si sono originate probabilmente in Turchia, mentre le prime testimonianze archeologiche della coltivazione risalgono all’età del bronzo e sono state rinvenute in Iraq. I ceci si diffusero poi in tutto il mondo antico: antico Egitto, Grecia antica, Impero Romano. Il cece è la terza leguminosa per produzione mondiale, dopo la soia e il fagiolo. La coltivazione avviene principalmente in India e Pakistan. Per concludere dobbiamo ancora dire che la farina di ceci è uno degli ingredienti salvavita per i celiaci; è ricca di proteine vegetali e sali minerali come ferro, calcio e fosforo, ed è farina di ceci quella che celebriamo oggi nella panissa ligure.
Antonella Simone
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