ACCADEMIA
DEL GUSTO LA SPEZIA 2006 |
Sapori e saperi
All’Istituto
Mazzini
FATTI, COTTI, MANGIATI
I RAVIOLI ENTRANO IN CLASSE
Nell’ambito del progetto di studio che dura tre anni, all’Istituto sociopedagogico G. Mazzini della Spezia, sono entrati in scena i “ravioli alla spezzina”. Un piatto particolarmente nutriente che nel passato rappresentava la festa. “Alla spezzina” perché sia il ripieno che il ragù si differenzia da altre preparazioni. A proporlo, sotto la regia dell’Accademia del gusto, è stata l’Antica Osteria Secondini, con Simona Ferrari, moglie dell’attuale titolare e la zia Rosanna Ferrari. Il salone “Adriana Revere” era gremito delle alunne delle terze H, G e D. Responsabile del progetto la professoressa Gabriella Raschi. Con lei le professoresse Amalia Noceti e Daria Cacace. Numerosi gli interventi per illustrare il percorso sui ripieni e in particolar modo sui ravioli, dal Medioevo alla codificazione del ‘900. La lettura di testimonianze storiche è stata fatta dalle insegnanti e dalla professoressa Elisabetta Niccolai, responsabile del Centro studi e ricerca dell’Accademia del gusto presieduta dall’ammiraglio Giuseppe Celeste, fresco di nomina. |
Simona e Rosanna Ferrari mentre impastavano e preparavano il ripieno, con la scelta delle carni (per il ripieno e per il ragù), illustravano i vari passaggi che un tempo coinvolgevano i componenti della famiglia. Questo era l’aspetto più emozionante del pranzo e della festa. Oggi tutto è più semplice se i ravioli si acquistano nel negozio di pasta fresca, ma l’armonia di un tempo, della preparazione dei ravioli ancora resiste in tantissime famiglie. La preparazione comincia la sera prima e le giovani nonne di oggi, 50, 60, 70 anni, sono ancora orgogliose di preparare questi meravigliosi e gustosi bocconcini che racchiudono la storia del territorio. I ravioli, fatti, cotti e mangiati, hanno riscosso un plauso generale. Mentre l’acqua bolliva e il ragù sprigionava il suo profumo, centinaia di ravioli prendevano forma. Poi all’ora di pranzo, ravioli per tutti.
Tra gli interventi che si sono susseguiti, si è parlato della famiglia
“Raviolo” di Gavi Ligure che nel XII secolo era titolare dell’ “Hustaia
du Raviò” e che brevettò l’invenzione di una pasta ripiena chiamata
appunto “raviolo”. Persino negli anni Trenta, quando Marinetti presentò
quel disperato manifesto sulla cucina futurista, boicottando persino la
pastasciutta, ci fu un appello dei “futuristi liguri, dello storico
“Gruppo Sintesi” per salvare i ravioli. Era il 15 gennaio del 1931, in
occasione di una mostra d’arte. L’appello condannava maccheroni,
vermicelli, spaghetti e tortellini, ma aveva “l’ardire di presentare a
Marinetti” la seguente supplica. “Chiediamo che venga dichiarata leale
neutralità verso i ravioli, per i quali nutriamo profonde simpatie e
abbiamo doveri di riconoscenza e di amicizia”. L’appello era firmato dal
poeta Farfa, il pittore Gaudenti, ed altri come Picollo, Lo Duca,
Pierro, Lombardo, Verzotti e Tullio D’Albissola. I ravioli venivano
descritti gia allora come “squisiti, digeribili che infondono ottimismo
e sono propulsori dinamici che provocano maggiore elasticità dei muscoli
e del cervello”. |